ROBERTO MOSI, Amo le parole Poesie 2017-2023,
Ladolfi Editore, Borgomanero, NO, 2023
da Il nostro giardino globale e I nostri giorni
Il commento di Sonia Salsi
Nelle poesie di Roberto Mosi Immagine e Parola sono l’una il complemento dell’altra, in continuità con il pensiero classico: nella Grecia del VI/V sec a. C “grafein”, significa “incidere, graffiare, scolpire, dipingere, scrivere”. Orazio nell’ Ars Poetica mostra le peculiarità dei due linguaggi, in accostamento paritetico e non prescrittivo.
Il Medioevo privilegia la parola, mentre nel Rinascimento si individuano analogie e contrasti fra Immagine e Parola, valorizzando ora l’una ora l’altra.
Ma Leonardo non ha dubbi; nel Trattato Della pittura, scrive al capitolo 17:“La Pittura serve al’ occhio (sic), senso più nobile che l’orecchio, obietto della Poesia”. La Pittura ha una compiutezza sincronica, la Poesia è diacronica, scompone l’unità, cioè l’armonia, non rappresenta la molteplicità se non in tempi che si susseguono.
Varie le posizioni, finché, nel secolo dei Lumi, Lessing supera la diatriba del rapporto, gerarchico o paritetico, individuando le peculiarità semiotiche di ciascuna: la Pittura è in rapporto con lo spazio, la Poesia col tempo.
Ma Baudelaire ribalta tutto: “Glorificare il culto delle immagini, mia grande, unica, primitiva passione!”
Il Novecento sottolinea come l’immagine -elemento peculiare del visivo- non sia traducibile in altri linguaggi, a meno di non perderne lo “statuto”. Ma è irriducibile l’esigenza di leggere il visivo e si giunge ad una sintesi: l’Immagine e la Parola sono complementari, in un concetto di Arte performativa che unisce più linguaggi e, dal loro incontro, ne crea di nuovi.
Marcel Proust sosterrà che “la vera vita è la letteratura”, sottolineando, però, un elemento fondamentale di convergenza fra Parola e Immagine: “Lo stile per lo scrittore, come il colore per il pittore, è questione non di tecnica, ma di visione”
A maggior ragione vi è complementarietà quando, come Roberto Mosi, il Poeta è Fotografo e il Fotografo è Poeta e usa il click e il fruscio del pennino sulla carta o il ritmo del tasto del computer: simbiosi e sintesi di Parola e Immagine, in reciproco disvelamento.
Del resto, le parole della Poesia dialogano con lo “spazio” nel bianco della pagina: esse si dispiegano in una spazialità irriducibile, inamovibile, perché strutturalmente collegata al loro riverbero musicale (o volutamente antimusicale) ed emozionale.
Il Poeta/Fotografo evoca, costruisce immagini-sostanza della Parola e viceversa.
Sapiente è l’uso delle figure “retoriche”, strumentario delle parole immediatamente tradotte in immagini: aggettivazioni, termini tecnici, metafore, correlativi oggettivi… in sintesi visiva, uditiva, emozionale.
E’ difficile trascegliere esempi tra le poesie di questa raccolta; già il titolo di una delle varie sezioni, Il nostro giardino globale, rimanda, attraverso l’aggettivo “globale”, ad una diffusa sensibilità dell’opinione pubblica, ad una dimensione scientifica e filosofica del problema, che i media sottolineano e sintetizzano tramite immagini.
E la lirica Giardino globale, col suo ossimoro, richiama immagini dell’infinito spazio con termini tecnici (“orbite”, “spazio infinito” ), unite al giardino dell’esperienza ristretta intorno a casa, pulsante di vita minuta. Fino al conclusivo sincretismo, figurale e verbale, “Terra Giardino”.
Anche Rondinare, evoca un sincretismo fra spazio e tempo: spazio abitato dai suoni e rarefatto nel silenzio, fino a farsi memoria del tempo trascorso. Il titolo ha l’imprevedibilità e l’efficacia di un neologismo.
E mentre Il vento ci avvolge in una sensazione uditiva e figurativa, Dal mare illustra sincronia e diacronia di passato e di contemporaneità. L’eterno presente del ricordo, perduto nel tempo perduto, resta sempre “qui ed ora” nella rievocazione e si unisce al presente, che si manifesta nella contemporaneità ecologica: “energia prodotta/dal movimento delle onde” potrebbe trovarsi in una relazione tecnica.
Immagine immediata ne L’esercito di plastica, metafora linguistica che, a sua volta dà concretezza alla fisicità della materia, in iperbole visiva.
Un esempio di titolo di taglio giornalistico è Mobilità verde, che immediatamente evoca istogrammi, grafici, immagini tecniche esplicative.
Spiazzante figurazione politica in Elogio delle erbacce, con “minoranza apolide” che mette in crisi i nostri spazi interiori, ordinati, razionali, soffocatori di fantasia.
Sullo sfondo dell’ispirazione vi è un elemento fondativo della creatività di Roberto Mosi: il mito, in cui si diluiscono e si accentuano asprezze e contraddizioni della contemporaneità.
Se Il volo a Kiev trascolora in un intenso sincretismo visivo ed uditivo, L’urlo delle sirene unisce il ricordo di una esperienza dell’infanzia al presente della tragedia attuale e al passato dell’umanità, declinato dal titolo in un sottinteso Mito.
Anche la cronaca politica si stempera nel mito, che accoglie, in un Tempo estraneo allo scorrere del tempo, le immagini e le voci del Grido di Antigone.
In Rivoluzione digitale e Intelligenza artificiale la più innovativa contemporaneità è figlia di Minerva; Mercurio la protegge e Circe minaccia la nostra indifesa umanità, caduta in trappola, In rete. Sottesa è una dimensione ironica: i titoli sembrano celare una spiazzata e spiazzante domanda di chi è éiron,“colui che interroga, fingendo di non sapere”. Ma il poeta sa bene di cosa si tratta!
Sino all’immagine conclusiva, sintesi di emozioni: La pace. Il pane, metafora di sentimento e di speranza, è immagine reale, antica, trasfusa nel mito di una pace che non è mai stata davvero vissuta nella sua intensità, se non come “assenza di guerra”.
Indiretto riferimento ad una mitica età dell’oro, che non c’è mai stata, ma di cui, forse, si possono captare ipotesi di impossibili vestigia nella creatività dell’arte che, in Roberto Mosi, si fa Immagine e Poesia.
Firenze, marzo 2024 Sonia Salsi
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