Roberto Mosi
Enrico Guerrini
DIALOGHI CON MARCEL PROUST
Poesia e pittura, dieci anni di incontri
E-book, luglio 2021
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Roberto Mosi, Enrico Guerrini
DIALOGHI CON MARCEL PROUST
Poesia e pittura, dieci anni di incontri
E-book, luglio 2021 (in progress)
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INDICE
Premessa. Incontri felici con Marcel Proust
1. Il sapore del ricordo
2. Narrare
3. Pittura, la creazione del mondo
4. Il biancospino
5. Incontrarsi all’Hotel Ritz
6. Il viaggio (sognato) a Firenze
7. Il profumo del tempo
8. Incontri
9. Amiche e amici
10. Nella stanza foderata di sughero
11. Narciso
Postfazione. Silvia Ranzi, omaggio a Marcel Proust
Gli autori
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INTRODUZIONE
PREMESSA
Incontri felici con Marcel Proust
Le edizioni LaRecherche, con sede a Roma, invitano ogni anno scrittori, poeti, fotografi, pittori, a proporre un contributo per la creazione di antologie, nella forma dell’e-book, dedicate a temi proustiani, nella ricorrenza del 10 luglio, il giorno del 10 luglio, il giorno della nascita dello scrittore francese (Parigi 10 luglio 1871 – Parigi 18 novembre 1922).
Quest’anno si celebrano i centocinquant’anni dalla nascita di Marcel Proust.
Sono dieci anni che noi, Roberto Mosi e Enrico Guerrini, il poeta e il pittore, rispondiamo all’’invito: la forma è quella della poesia alla quale segue, in occasione delle presentazioni nelle librerie, nei circoli, nei caffè letterari, quella del disegno e della pittura.
Al passaggio dei dieci anni di questo impegno, segnato da una serie infinita di felici appuntamenti, ci è sembrato naturale raccogliere in un e-book, i nostri contributi.
Nelle pagine che seguono, per ognuno dei dieci anni, è riportato il titolo dell’argomento, un passaggio dell’opera di Marcel Proust, l’Antologia per la quale LaRecherche invitava a partecipare, la nostra risposta all’invito nella forma della poesia e della pittura.
È stato, in definitiva, un costante dialogo con le molte domande che Marcel Proust si pone, e ci pone, nello svolgersi della sua affascinante ricerca letteraria.
Al lettore il compito di inserirsi, se lo ritiene, in questo dialogo e di cercare altre domande, altre risposte.
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Il sapore del ricordo
Anno 2011
Françoise, felice di dedicarsi a quell’arte della cucina per la quale aveva
un certo dono … andava lei stessa ai Mercati a farsi dare i più bei quarti
di lombo, di stinco di bue, di zampa di vitello, come Michelangelo che
passava otto mesi nelle montagne di Carrara a scegliere i blocchi di
marmo…
Marcel Proust, All’ombra delle fanciulle in fiore
INVITO: Aa. Vv. , a cura di Giuliano Brenna e Roberto Maggiani, “Conversazioni con Proust”, ww.laRecherche.it, n. 28, Roma 2011.
RISPOSTA: Roberto Mosi, Wunderkammer / Cucina.
Wunderkammer / Cucina
Cucina avamposto
della casa dei Proust,
dalla tavola di marmo
decollano i piatti guarniti
serviti al ricevimento
in una nuvola di commenti,
l’eco delle voci
raggiunge la porta.
Cucina porto di sbarco,
la borsa della spesa
arriva da Les Halles
alla tavola di marmo,
freschezza del rombo
primizie della stagione,
scelte da Michelangelo
tra i marmi di Carrara.
Cucina impero
di Françoise, ordini alle forze
della natura arrivate in aiuto,
dirige l’orchestra
dei servitori,
accoglie solenne
i complimenti dell’Ambasciatore
per l’arrosto di bue
deposto su cristalli di gelatina.
Cucina miraggio
per la memoria della gola,
il sapore della lettura
mischiata al gusto dei sapori,
i lamponi del Signor Swann
la torta alle mandorle
la crema al cioccolato
l’impasto per la petite madeleine.
Cucina caleidoscopio
abitata dalla curiosità di Marcel
per l’arte di Françoise
per il manzo alla moda,
per il sapore inebriante del sugo
dopo tre ore di cottura,
ricco di bocconcini di carne:
le storie dei suoi personaggi.
Cucina crocevia
per i ricordi della mia cucina,
centro della vita intorno
alla tavola di marmo,
abitata da storie e novelle,
da ospiti, piatti, tinozze per il bagno,
dalla mano del nonno
che protegge dagli spigoli.
Cucina museo,
al centro della fotografia
la trama lucida del marmo,
ai lati la dispensa
l’occhio spento dei fornelli
l’acquaio muto per sempre,
alle pareti lo scaldaletto
scaldavivande di rame
ombre della vita passata.
Cucina attesa
per la veglia di Céleste,
seduta alla tavola di marmo
in compagnia dei personaggi,
degli incontri di Marcel.
Il campanello dalla camera:
“Adesso glielo dico: stanotte
ho messo la parola fine”.
Grazie, Céleste Albaret.
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Narrare
Anno 2012
Alla svolta di una stradina, provai all’improvviso quel piacere speciale,
che non assomiglia a nessun altro, nello scorgere i due campanili di Martinville, sui quali batteva il sole al tramonto e che per il movimento della
carrozza e le curve della strada sembravano cambiare di posto.
Marcel Proust, Dalla parte di Swann
INVITO: Aa. Vv., a cura di Giuliano Brenna e Roberto Maggiani, Da Illiers a Cabourg, www.laRecherche.it , n. 113, Roma 2012.
RISPOSTA: Roberto Mosi, I campanili di Martinville.
I campanili di Martinville
I.
Il campanile appare
dal treno, un’unghia
che graffia stridendo
il cielo, intorno il gregge
delle case. “Siamo arrivati!”.
Ah, la Francia dei campanili,
delle cattedrali alte
su ondeggianti pianure.
“Céleste, la mia opera
è come una cattedrale”.
Immagini animate
di campanili, raccolte
nei quartieri di Parigi,
dall’automobile a Caen,
sulle colline di Combray.
II.
Lo sguardo del ragazzo
scruta i fianchi di pietra
del campanile di Combray
le finestre scandite,
occhi di un viso regolare.
“Ha un’aria naturale
e distinta”, sorride la nonna
seguendo lo slancio
della guglia addolcita
dagli ultimi raggi di sole.
La fuga delle pietre
in alto in alto, due mani
giunte nella preghiera,
coronamento di ogni
punto di vista della città.
Le pietre lanciano fuori
centinaia di corvi
partono infiniti voli,
li riassorbono, sparisce
il frullio delle ali.
III.
“Non ho talento, pensa,
non ho un’idea illuminante”.
Marcel penetra l’impasto
d’argilla, lo scompone.
Cercano le mani, la mente.
“Salite sulla carrozza”.
Corrono come il vento
i cavalli del dottore
sulla via del ritorno,
dalla parte di Guermantes.
Alla svolta della strada
i due campanili di Martinville
si muovono, cambiano
di posto, un terzo
arriva da oltre la valle.
Al girare della carrozza
lasciano la posizione,
si spingono l’uno accanto
all’altro, si mettono in fila
si dividono, fuggono.
“Giganteschi, incombenti
con tutta la loro altezza
si gettarono davanti a noi,
avemmo appena il tempo
di fermarci davanti al portone”.
Dalla collina di fronte
scorge ancora le pareti
assolate: si aprono,
la corteccia si squarcia,
appare quello che era nascosto.
V.
“Dottore, una matita,
della carta”. L’urgenza
del pensiero, delle parole:
“Li rivedo come tre fiori
sopra i campi, dipinti nel cielo”.
“Sono anche le tre ragazze
di una leggenda, abbandonate
in un luogo solitario”.
Si stringono l’una all’altra,
una sola sagoma nera.
Qualcosa si agita nella mente,
un’idea, la riveste di parole,
scrive sulla carta espressioni,
forse, per un libro,
da comunicare al mondo.
“La gallina ha fatto l’uovo!”
Marcel canta a cassetta
accanto al cocchiere,
un foglietto nelle tasche,
le mani sporche d’argilla.
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Pittura, la creazione del mondo
Anno 2013
E lo studio di Elstir mi apparve come il laboratorio di una specie di
nuova creazione del mondo, in cui, dal caos che sono tutte le cose che
noi vediamo, egli aveva tratto… qui un’onda del mare che schiacciava
con collera sulla sabbia la sua schiuma lilla, là un giovane vestito di tela
bianca.
Marcel Proust, All’ombra delle fanciulle in fiore
INVITO: Aa. Vv. , a cura di Giuliano Brenna e Roberto Maggiani,
Salon Proust, www.laRecherche.it, n. 139, Roma 2013.
RISPOSTA: Roberto Mosi, Il silenzio dipinto delle pagine.
Il silenzio dipinto delle pagine
Silenzio seducente del quadro
nel rumore di folla del Salone.
Scopro metafore fissate
tra le frasi delle immagini,
pittore senza arte, compongo
dall’arte di più pittori.
Comprendo, trasformo
catturo la mia pittura
penetrando nei quadri.
Dipingo con la parola
per pennello la parola
per colore il suono della parola.
Silenzio sonoro del porto.
Multiforme, potente unità
nessun confine, terra e mare
l’acqua penetra le case, oltre
i tetti gli alberi dei battelli.
Uomini spingono alla spiaggia
barche tra i flutti, la sabbia
bagnata riflette le chiglie.
Una nave lontana nascosta
ora dagli edifici, sembra
avanzare in mezzo alla città.
Alla bocca del porto le onde
battono contro gli scogli,
uomini governano le barche
piegate ad angolo acuto,
al galoppo, veloci sul mare.
Altrove specchi d’acqua
calmi, in una bella mattina
dopo il temporale, i riflessi
degli scafi accavallati
sul profilo delle chiese.
Più lontano tratti neri,
bianchi di spume, di nebbia
compongono la carreggiata
dell’erta impennata
di una nave verso il cielo,
una carrozza che scrolla via
l’acqua all’uscire dal guado.
Silenzio ambiguo del ritratto.
Acquerello pieno d’incanto,
soggetto singolare, seducente
fascino da scoprire di giovane
donna non bella, il copricapo
orlato dal nastro color ciliegia,
la sigaretta accesa
nella mano coperta dal guanto.
Sul tavolo un vaso di rose.
Travestimento per il ballo?
Un’attrice di altri tempi
a mezzo vestita da uomo?
Tratti mascolini del volto,
forse un giovane effeminato.
Tristezza nello sguardo
posa piccante, provocante
da personaggio del teatro.
Libertà dalla normalità?
Silenzio d’acqua delle ninfee.
Cinque, sei tele per dipingere
passo dall’una all’altra
inseguendo l’attimo
la sorpresa dell’inatteso.
Punti d’osservazione diversi
per le stagioni dell’anno
il mese, il giorno, l’ora.
Una tela, un pennello diversi
al variare dei brandelli di cielo
il passare di una nuvola
l’improvvisa folata di vento
l’arrivo della tempesta.
La superficie s’increspa
s’infrange in piccole onde
si sgualcisce il telo di seta,
i colori si accendono vivi
si spengono, ombre di morte.
Silenzio simbolo di seduzione.
Danza il corpo segnato
da simboli misteriosi,
danza una rosa in mano
in attesa del carnefice,
danza davanti ad Erode
gli occhi accesi di brace,
danza per la decapitazione
sorreggendo il vassoio,
danza per la testa che brilla,
un’aureola di gloria.
La danzatrice solleva
il braccio, muove passi fatali.
Silenzio della pagina scritta.
Regno della lenta cognizione
per l’occhio educato alla pittura,
si stacca dal ritmo usuale
del tempo dello spazio,
nel laboratorio aperto
per la nuova creazione,
conquista una folla
d’immagini cospiranti,
convergenti in mille rivoli,
allontana di pagina in pagina
il soffio penetrante della morte
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Il biancospino
Anno 2014
Quando, al momento di lasciare la chiesa, mi inginocchiai davanti all’altare, tutt’a un tratto, rialzandomi, sentii che i biancospini esalavano un odore dolceamaro di mandorle.
Marcel Proust, Dalla parte di Swann
INVITO: Aa. Vv. , a cura di Giuliano Brenna e Roberto Maggiani, L’Orto Botanico di Monsieur Proust, www.laRecherche.it , n. 162, Roma 2014.
RISPOSTA: Roberto Mosi, Il profumo del Biancospino (Il sentiero
di Andrea).
Il profumo del biancospino
Dalla parte del Convento
mi aspettano Giganti
folti di aeree chiome,
catturano la luce del sole.
“Che porti nello zaino?”
chiede la voce cavernosa.
“Leggerò nella radura
del bosco Alla ricerca
del tempo perduto”.
Profumano di muschio
di terra sospesa nell’aria.
Proteggono dietro di loro
giovani piante di abete
incolonnate sull’attenti
in molteplici fila regolari.
Ai margini del sentiero
forme informi di ceppaie,
antichi tagli cicatrizzati
si innestano tra loro,
riconquistano la vita.
Cavalieri sfrontati nel profumo
di una luce brillante
hanno invaso i resti
della cava di pietre
per il Convento sognato
da Sette Giovani Nobili
per le sette cime del Monte.
“Benvenuto fra castagni
frassini e quercioli,
giochiamo in pieno sole.
Hai lasciato la parte oscura
di te stesso, sei vicino
al luogo dell’incanto”.
Serpente uscito dalla tana
si affaccia il muro contorto
sotto macchie intricate,
inzuppato di muschio,
baluardo una volta ai bovini
al pascolo delle greggi.
Giganti e Cavalieri
si confondono ora ai lati
del sentiero, lasciano spazio
alla radura luminescente,
il sole proietta ombre
immagini in movimento.
Ascolto il silenzio intrecciato
con il canto degli uccelli
il tambureggiare del picchio
il saliscendi degli scoiattoli.
Il libro scivola dallo zaino,
leggo ad alta voce
Dalla parte di Swann.
Dalla parte della Città
ai bordi del prato
danzano leggiadre ballerine:
il viola rugoso del prugnolo
l’amorosa rosa selvatica
il rosso dei papaveri.
S’inchinano flessuose
al biancospino.
“Mi ricordo, nel mese
di Maria ho preso ad amare
il biancospino”.
Sugli spalti dell’anfiteatro
personaggi dalle folte chiome,
ciliegio nocciolo sambuco,
da un ramo all’altro il volo
dell’averla, del fringuello.
Fra le quinte del teatro
il guizzo del ramarro
tracce del riccio, della lepre.
In disparte sul prato
caprioli brucano l’erba.
Suona incessante la voce
luminosa della sorgente,
fata amorosa e benigna.
Acqua purissima il dono,
vita per il Convento, vita
per il Sanatorio abitato
dalla tubercolosi.
Mi siedo, seguo
il profilo delle colline
interrotto dalla Cupola,
a fianco le braccia
del Sanatorio e il ricordo
degli ultimi giorni di Bruno.
Rende onore al passaggio
la squadra dei cipressi
schierata lungo il sentiero,
sullo sfondo la testa
arcigna della Ghiacciaia.
Emerge dalla terra,
assediata da rovi:
un occhio perfora
le ciclopiche mura.
“Dodici laghetti mi facevan
corona, nelle notti
d’inverno offrivano
il ghiaccio da ingoiare.
Dal mese di Maria un carro
scendeva ogni notte in città
carico di blocchi di ghiaccio,
mazzi di biancospino
sulla fronte dei cavalli”.
Ho visto i cavalli entrare
in città: il profumo
amaro del biancospino
risale la china del sentiero
dalla profondità del tempo,
incontra i personaggi
ancora vivi del bosco
nel mio Tempo Ritrovato.
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Incontrarsi all’Hotel Ritz
Anno 2015
Marcel Proust fu, durante un periodo della sua vita, un habitué dell’Hôtel Ritz, in place Vendôme, luogo prestigioso nel quale amava ricevere: Era sua abitudine affittare una sala privata per cene intime con personalità del mondo letterario o aristocratici, coi quali amava intrattenersi in un ambiente raffinato che favoriva le confidenze.
Le blog interligne d’Armelle Barguillet Hauteloire, trad. G. Brenna.
INVITO: Aa. Vv., a cura di Giuliano Brenna e Roberto Maggiani, Cena al Ritz, www.laRecherche.it, n. 187, Roma 2015.
RISPOSTA: Roberto Mosi, La rosa d’argento (Cena all’Hotel Ritz).
La rosa d’argento (Cena all’Hotel Ritz)
Omaggio a Luchino Visconti
[Luchino Visconti si rivolge a Marcel Proust]
Una raccolta di foto, disegni.
Un gesto, un sapore, una luce
e vivono ancora le storie,
lingua di suoni e immagini.
Si avvolgeva in morbidi veli
due toni, lilla e grigio scuro
non si vedeva la faccia
solo una nuvola di colore.
Mi nutro di ricordi, visioni
Milano cupa, triste e gaia
spazio vitale, balli e operette
aura di profumi aristocratici.
Sono venuto al mondo
il giorno dei morti, una data
che mi si è attaccata per la vita
un cattivo fatale inizio.
Novembre, un mese opaco
a basso regime nella Pianura.
Nelle strade canali di nebbia
abitati da folle di fantasmi.
Le ferrovie camminano
a tastoni, sparando petardi.
Nebbia plumbea tra cielo
e terra, immobile il tempo.
Si dimentica di cercare
il cielo, i porci sguinzagliati
fiutano il tartufo nelle terre
grasse a filo dei torrenti.
Sono nato il due novembre
alle otto di sera, un’ora
dopo si alzava il sipario
della Scala per la Traviata.
Si nasceva a Palazzo
Visconti dopo aver dato
uno sguardo al programma
della stagione della Scala.
La sera in gran toilette
profumata Chevalier d’Orsay
si avvicinava al letto
per il bacio della buona notte.
Un’apparizione, sentivo
avvicinarsi il fruscio
della gran gonna di seta
m’investiva il dolce profumo.
Le tiepide perle della lunga
collana cadevano sulle
guance mentre si chinava
per un momento, su di me.
Ricordi, immagini, odori
sensazioni investivano
i miei sensi, un’eco profonda
persistente nella memoria.
Le storie di Morte a Venezia
erano state già vissute
nella mia vita, in stagioni
dal sapore di miele.
Vedo mia madre sulla spiaggia
legge un libro sotto la tenda,
col vento volano i capelli
si gonfia il vestito.
[Marcel Proust a Luchino Visconti]
Una rosa d’argento per te
per il tuo amore per l’amore,
ricordo della prima alla Scala
del Cavaliere della Rosa.
Il sipario rosso cupo frangiato
di oro si alza lentamente
sopra il palco presso l’orchestra
sopra lo stupore del ragazzo.
[Luchino Visconti]
All’alba mi sono svegliato,
gli invitati ancora ballavano
nella sala del Palazzo
ogni coppia una rosa d’argento.
Le candele illuminano la sala
gli specchi, gli Dei nel soffitto
il sorriso del Gattopardo
il ballo di Angelica e Tancredi.
La sala guardaroba, il primo
teatro, il lenzuolo per sipario
travestimenti: dame in pelliccia
di volpe, cappelli piumati.
I pranzi, un rito per la famiglia
i domestici in guanti bianchi,
le lotte dei ragazzi sotto la tavola,
mio padre, il sorriso del Gattopardo.
I domestici aprono tovaglie
sull’erba al “solito posto”
nel viaggio per Forte dei Marmi,
le provviste nelle ceste di paglia.
Un’infanzia felice dalla parte
di Guermantes, dolci frutti
sull’albero della vita, suoni
immagini. Il tempo ritrovato
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Il viaggio (sognato) a Firenze
Anno 2016
Per farli rinascere non ebbi che da pronunciare quei nomi: Balbec, Venezia, Firenze all’interno dei quali aveva finito per accumularsi il desiderio che mi avevano ispirato i luoghi che designavano.
Marcel Proust, Dalla parte di Swann. Parte terza Nomi di paesi: il nome.
INVITO: Aa. Vv., a cura di Giuliano Brenna e Roberto Maggiani, Treni,
www.laRecherche.it, n. 82, Roma 2016.
RISPOSTA: Roberto Mosi, L’ansimare della locomotiva.
L’ansimare della locomotiva
Flora, Fiore, Fiorenza
il nome della città profuma
suona dolce al centro
d’incantevoli frasi musicali
sussurrarlo rende felici
nei tempi più grigi
squarcia le visioni più cupe
coagulate da tempeste invernali.
Il nome inzuppato di sogni
profuma di gigli, accende
una calda luce al centro
del futuro immaginato
all’arrivo della primavera
sul grigiore freddo di Parigi.
Si lega all’arte nuova
di Giotto, i disegni scanditi
da raffinate architetture
da figure vive di colori.
Da Venezia il viaggio
per conquistare la visione
di Santa Maria del Fiore
dopo un percorso di nomi
in sequenza lunghi, brevi
sordi, sonori, capaci
di accogliere immagini
accendere passioni.
Il convoglio disegnato
sulle réclames lascia
Santa Lucia alle cinque
della sera, sarà a Firenze
la mattina di Pasqua.
Ansima la locomotiva
come l’aria nel mio petto
nella pianura fra campi
di maggese e filari di viti.
Padova, un accento forte
sulla prima sillaba per l’incontro
sognato con Giotto
alla cappella dell’Arena.
Bologna annuncia nell’acquoso
nome la Maestà del Polittico
per Santa Maria degli Angeli,
la provvista dell’acqua
per la locomotiva risonante
del vapore bianco sbuffante
dai cilindri, la faticosa salita
alle gallerie nei monti,
lo stridio delle ruote di ferro
acceso di scintille di fuoco
nella discesa alla valle dell’Arno.
La locomotiva corre
a briglie sciolte, sullo sfondo
la maestà della Cupola,
Santa Maria del Fiore,
corolla divina fiorita
fra lo splendore delle colline.
I campi profumano di gigli
anemoni ai piedi degli umili ulivi,
sulle colline di Fiesole, del Pian
dei Giullari, di San Miniato.
Mi aspettano il Ponte Vecchio
le sponde stracolme di giunchiglie
narcisi e anemoni, la colazione
con frutta e vino del Chianti,
l’arte di Giotto, il Campanile
gli affreschi di Santa Croce
il Crocifisso di Ognissanti.
Il futuro immaginato
prende vita, la valigia pronta
ai miei piedi, mi esalta,
ansimo, l’oppressione dell’asma,
sono leggero, brividi
di febbre: la mongolfiera
si alza, raggiunge la Cupola
di Santa Maria del Fiore,
si alza ancora, scompare
Flora, Fiore, Fiorenza
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+ + +
Il profumo del tempo
Anno 2017
E all’improvviso il ricordo mi è apparso. Quel gusto era quello del pezzetto di madeleine che zia Léonie la domenica mattina a Combray… mi offriva dopo averlo inzuppato nel suo infuso di tè…
Marcel Proust, Dalla parte di Swann.
INVITO: Aa. Vv., a cura di Giuliano Brenna e Roberto Maggiani, Proust n. 7. Il profumo del tempo, www.laRecherche.it, n. 82, Roma 2017.
RISPOSTA: Roberto Mosi, L’Erta dei Catinai. Iris per la Madonna dei Ricci.
L’Erta dei Catinai.
Iris per la Madonna dei Ricci
Cammino nel mese
fiorito, dalle Cascine
del Riccio al Pian dei Giullari,
proteso su Firenze.
Iris occhieggiano sui sentieri
si distendono sui prati.
Inizia alla curva l’erta
dei Catinai in vertiginosa
salita fra ciottoli e pietre.
Un mazzo di fiori
sulla mensola del tabernacolo
della Madonna dei Ricci.
Mi sorprende il profumo
tenue, penetrante dell’iris
delicato come l’odore
della pelle della nonna.
Colgo la fragranza della borsa
che aprivo per le caramelle.
Emerge da lontane stagioni
il profumo della biancheria
appena riposta, l’odore
degli armadi, aperti
in cerca di tesori nascosti.
Un mondo di sensi ritorna.
La folla sale e scende
per l’erta dei Catinai.
Carri, barrocci carichi
di terrecotte, catini, orci
embrici, mattoni, come
ai tempi del maestro Filippo
per la costruzione della Cupola.
Cavalli, coppie di muli
asini incespicano su
per la salita. Schiocchi di frusta
imprecazioni, bestemmie.
Un mondo che odora
di lavoro, di fatica, di sudore.
Antonio tira forte il cavallo
per la cavezza, il barroccio
stracolmo di catini.
In un angolo del carro
il fiasco del vino profuma
di giaggiolo, per temperare
il sapore aspro del Chianti,
un mazzo di fiori
e una boccetta d’essenza
per la ragazza di città.
Tra la folla, le lavandaie
portano cesti di biancheria
lavata nelle acque dell’Ema
e sopra i panni risplendono
mazzi di giaggioli.
In un angolo della mente
le storie, i racconti del nonno.
Iride, una madonna fiorentina
promise amore al giovane
che dipinse un fiore leggiadro
così perfetto
da ingannare una farfalla.
Da lei ebbe nome Iris,
il simbolo di Firenze.
D’estate sull’uscio di casa
le donne del paese mondano
i rizomi del giaggiolo
per farne essenze e profumi.
Si parla dei fatti della vita
di storie, di amori
di partenze senza ritorno.
Cammino
tra i fiori di maggio
dalle Cascine del Riccio
al Pian dei Giullari.
Cammino.
Dopo l’erta dei Catinai
si apre la vista su Firenze
città di bellezza elegante
preziosa come il profumo
del suo Iris
dal tono austero, riservato.
Si rivela solo a chi la ama,
a chi la sa apprezzare.
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Incontri
Anno 2018
Dopo cena, ahimè, ero spesso costretto a lasciare la mamma, che rimaneva a discorrere con gli altri, in giardino se era bel tempo, nel salottino dove si ritiravano tutti, se il tempo era cattivo. Tutti, salvo la nonna che pensava che “in campagna è un delitto starsene rinchiusi” e che aveva con mio padre discussioni continue, nei giorni di gran pioggia, perché lui mi mandava a leggere nella mia stanza invece di lasciarmi star fuori. - Non così lo farete diventare robusto ed energico, - essa diceva tristemente, - soprattutto questo piccino che ha tanto bisogno di acquistare forza e volontà,
Marcel Proust, La strada di Swann
INVITO: Aa. Vv., a cura di Giuliano Brenna e Roberto Maggiani, Cherchez la femme, www.laRecherche.it, n. 226, Roma 2018.
RISPOSTA: Roberto Mosi, Opus Magistri Jocti.
Opus Magistri Jocti
Scie impalpabili di aerei sul cielo
di Firenze
raggi iridescenti dalle vetrate
nella basilica
accarezzano l’Opus Magistri Jocti
Giulia porge un mazzo di rose
alla Madonna
il capo reclinato, incoronato
da Cristo
gli occhi lunghi nell’ovale del volto
La veste bianca, trapunta d’oro
angeli
ai piedi in vesti gialle e verdi
i santi
ai lati, sinfonia di spazi e colori
Una breve sosta ogni mattina davanti
alla bellezza
prima di raggiungere la scuola da sarta
l’eleganza
da dipingere, filo e forbici
Mi fermo ancora una volta all’altare
della Cappella Baroncelli
riconosco l’ovale del volto
della nonna
le fonti di una vita fiera e felice
Ascolto ancora la sua voce, intorno
la maestà della basilica, la luce delle vetrate
l’Opus Magistri Jocti
* “Opus Magistri Jocti”, la firma apposta sul Polittico Baroncelli,
dipinto a tempera e oro su tavola (185×323 cm) di Giotto e aiuti
di bottega, databile al 1328 e conservato nella Cappella Baroncelli della basilica di Santa Croce a Firenze.
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Amiche e amici
Anno 2019
Quel che avvicina non è la comunanza delle opinioni, è la consanguineità degli spiriti.
Marcel Proust, da Aforismi di F. Vasta e G. Raciti
INVITO: Aa. Vv., a cura di Giuliano Brenna e Roberto Maggiani, Una notte magica, www.laRecherche.it, n. 235, Roma 2019.
RISPOSTA: Roberto Mosi, Sul fiume di notte
Sul fiume di notte
… pensavo che già il Ponte Vecchio era cosparso
a profusione di giacinti e d’anemoni
Marcel Proust, Dalla parte di Swann,
Parte Terza, Nomi di paesi: il nome
La barca scivola al centro
del fiume foderato di notte,
la pertica affonda nell’acqua
spinta nel fondo dal barcaiolo.
Le braccia del Ponte Vecchio
si aprono illuminate di finestre,
la voce della guida s’infrange
nella volta di pietre dell’arcata.
Si compie l’incontro sognato
con la città di Giotto, per dono
il viaggio nella notte con gli amici
che intendono il respiro dell’Arte.
La barca taglia lo sfavillio
dei colori accesi dai fanali,
sfiora il cartiglio di marmo, la testa
di caprone, al Ponte a Santa Trinita.
Giacinti e anemoni sulle sponde,
si riflettono i palazzi nell’acqua,
s’immergono con gli occhi sgranati
verso di noi, fianco a fianco.
Nell’ombra scintillano d’emozione
gli sguardi degli amici, le sciarpe
di seta, i fiori della “Primavera”,
i tratti della “Madonna del Magnificat”.
Silenzio, la città è lontana,
sprofondata nel sonno, regala
la visione delle forme più nascoste
come un’amante addormentata.
Un colpo di pertica più deciso,
la barca si gira rapida, sulla via
del ritorno, l’“Estate” dal ponte
sembra sporgersi nel fiume
sullo sfondo la “Giustizia”
in piedi sulla colonna, vola
verso di noi, poi ritorna al suo
posto, la bilancia che oscilla.
Stringiamo le mani commossi
dal dono di queste visioni,
unisce il filo della memoria,
lo studio di Eltsir, le passeggiate.
Davanti all’arco sul Piazzale
degli Uffizi, la barca dirige
verso la riva, Palazzo Vecchio,
altissimo, ci viene incontro
la torre, corolla fiorita di luci.
Il barcaiolo solleva la pertica.
Guardiamo con sguardi nuovi
il fiume foderato di notte.
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Nella stanza foderata di sughero
Anno 2020
Per comprendere più a fondo la proposta di questa antologia pensiamo alla stanza foderata di sughero in cui Proust si era auto isolato in una sorta di quarantena volontaria a causa della cagionevolezza della sua salute. Tutta Combray nasce sì dai ricordi ma dai ricordi di una persona in quarantena. Adesso che siamo tutti passati da una esperienza simile vediamo se, come Proust, siamo capaci di costruire una “Combray” e se siamo stati capaci di reinventare gli spazi, in cui siamo stati confinati, usando memoria e fantasia. Siccome nulla va perduto e niente accade una volta sola, la quarantena 2020 ha dato la possibilità a ciascuno di tornare con la mente a Combray e vivere quegli aspetti con lo sguardo attuale e il ricordo dell’immensa Opera proustiana.
Dalla presentazione dell’Antologia 2020
I suoi libri vegliarono come angeli dalle ali spiegate.
Marcel Proust, La Prigioniera
INVITO: Aa. Vv., a cura di Giuliano Brenna e Roberto Maggiani, Quarantena a Combray, www.laRecherche.it, n. 244, Roma 2020.
RISPOSTA: Roberto Mosi, Sinfonia: “Combray. Lontana e vicina”.
Sinfonia: “Combray. Lontana e vicina”
I) La terrazza
Lentamente la bolla d’aria si è gonfiata
sulla terrazza sopra la città sgomenta.
La bolla mi ha inghiottito, lo sguardo
vaga dalla Torre d’Arnolfo alla Ferrovia.
Con me i ricordi di Combray, il campanile
un’unghia che graffia stridendo il cielo.
Il tempo si dilata, lo spazio sconfinato
abitato da infiniti frammenti di vita.
Il clamore del silenzio, la somma
di essere soli, in fuga l’uno dall’altro.
Invidio le rondini, leggere sfiorano
la terrazza in una scia di stridii.
La sera m’assale il gelo delle ombre
che dalla terra salgono al cielo.
II) Solitudine
Nella città devastata nessun
pensiero per la sua solitudine.
Arriva all’angolo della strada
sfila sotto la mia terrazza
sussurrando piano piano.
Si ferma al semaforo rosso
riparte pensoso per il Centro
alle fermate sale il silenzio
in vestaglia da camera verde.
Compie il giro per le vie mute
sfila ancora sotto la terrazza
per la nuova corsa nella città
con la sua inutile solitudine.
III) Straniero fra gli uomini
I giorni passano lenti sulla terrazza
aperta su uno spicchio di periferia,
gocce d’acqua sulle stalattiti della grotta.
Lo sguardo curioso insegue voli
nell’aria tiepida di primavera.
Ora lontani sullo sfondo delle case
raccolte sotto la Torre D’Arnolfo
o delle dolci colline di Fiesole
ora vicini alla balaustra di ferro
piena di fiori, gerani e garofani.
Ora conosco il nome di ogni specie
la veste delle loro piume, maschi
e femmine, il modo di far la corte
ora distinguo i loro versi di saluto
e di richiamo, il mattino e la sera.
Ora so come si alzano in volo
l’ondeggiare della traiettoria
nel vento, il fermarsi improvviso
ora non mi sorprende lo scontro
per primeggiare sul rosso dei tetti.
Ormai sono uno di loro sopra
la terrazza invasa dallo stridio
dei voli nel silenzio della città
ormai straniero tra gli uomini
ammutoliti dall’epidemia.
III) Moltitudini
Moltitudini di angeli celesti
a Natale sopra la grotta, vestiti
di oro di lino bianco e puro.
Corrono nel mondo a svegliare
chi dorme, per cantare in coro
l’amore per il nuovo nato.
Quando si spengono le luci
rimangono sulla terra,
per le strade
giacca e cravatta, gonne tweed.
Moltitudini di corpi infetti
portati via da camion militari
alla guida angeli in divisa.
Colonne di camion, la luce
blu lampeggiante in testa
chiedono strada a noi vivi.
Moltitudini di topi ovunque
piccoli odiati perseguitati
escono dalle discariche.
Moltitudini di topi corrono
nel giorno per i muri bianchi
impazziti cercano l’uscita.
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Narciso
Anno 2021
Fin dal mattino, la testa girata ancora verso il muro, e pria di aver visto sopra le grandi tende della finestra, di che sfumatura fosse la striscia di luce, sapeva già che tempo faceva.
Marcel Proust, La Prigioniera
INVITO: Aa. Vv., a cura di Giuliano Brenna e Roberto Maggiani, Sette quadri da “La Prigioniera”, www.laRecherche.it, n. 247, Roma 2021.
RISPOSTA: Roberto Mosi, La Galleria dei quadri
La Galleria dei quadri
La stradina selciata di Delft
vive il silenzio del cortile
nella luce del cielo nuvoloso
tetti degradanti delle case
sul colore rosso dei mattoni
sul bianco animato dei muri
La luce illumina la donna
il bianco assoluto del latte
nella ciotola sul tavolo, versato
la fascia azzurra sui capelli
La luce incontra il colore
il vero diventa metafisica
La veduta di Deft – bisbiglia
il quadro più bello del mondo.
Bergotte cerca, Jeu de Pomme
il lembo di muro giallo oltre
la tettoia tra i tetti illuminati
Crolla ansimante sul divano
La mutevole luce degli alti
cieli ventosi d’Olanda
unisce il tempo e lo spazio
incontra la striscia delle case
di Delft, contrappunto fisso
alla vastità del cielo nuvoloso
Il primo piano nell’ombra
nel grigio della nube più alta
lo sfondo dei tetti illuminati
la luce disegna chiaroscuri
riflessi d’acqua nel bacino
oltre la striscia di sabbia
Narciso spossato dalla noia
si china, lo specchio d’acqua
invaghito dalla forma riflessa
un amore che non ha corpo
crede un corpo la sua ombra
Statua di marmo fissa se stesso
Disteso a terra contempla
due stelle, sono i suoi occhi
i capelli degni di Apollo
il collo d’avorio e la gemma
della bocca, ammira quello che
fa di lui un essere meraviglioso
Desidera, senza saperlo, se stesso
Figure bugiarde nello specchio
oscillano fra onde oscillanti
linee evanescenti dell’amore
desiderio di corpi lontani
vicini, la noia la meta finale
Irraggiungibile il nido, l’anima
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POSTFAZIONE
Recensione di SILVIA RANZI sulla sezione di poesie:
“ OMAGGIO A MARCEL PROUST”
dall’ANTOLOGIA LIRICA
di ROBERTO MOSI
“ POESIE 2009 – 2016 “ Collana Perle, Ottobre 2016, Giuliano Ladolfi Editore
MARCEL PROUST (1871 – 1922)
La composita Antologia lirica di Roberto Mosi, dal variegato itinerario poetico, è contraddistinta da cicli ispirativi dalla studiata vena evocativa: l’ultima sezione è dedicata alla rivisitazione dell’universo letterario e psicologico di Marcel Proust, scrittore francese carismatico per aver fondato la sua poetica narrativa sulla “memoria involontaria” quale cardine di riesumazione di stati di coscienza nella dialettica tra il passato che riemerge ed il presente che riacquista significato nella cornice di vicende e dinamiche relazionali che trovano una compiuta narrazione nel ciclo monumentale: “ A’ la recherche du temps perdu”, polittico che consta di 7 romanzi: “Dalla parte di Swann”, “All’ombra delle fanciulle in fiore”, “ I Guermantes”, “ Sodoma e Gomorra”, “La prigioniera”, “ La fuggitiva”, “ Il tempo ritrovato” (3724 pagine).
L’io narrante tra sonno e veglia si riappropria di ricordi e sensazioni per ricostruire un’identità frammentata e dispersa: come in un preludio di Wagner si attua la resurrezione del passato.
L’opera viene scritta nel lasso di tempo fra il 1909 - all’età di 38 anni - ed il 1922, data in cui M.Proust muore di polmonite: soffriva fin da bambino di una grave forma d’asma. Gli ultimi tre romanzi usciranno postumi.
L’incipit: Le MADELEINES ed il loro gradevole impasto.
LIRICA DI R. MOSI: “ LA CUCINA DI PROUST”
Cucina miraggio per la memoria della gola, / il sapore della lettura / mischiata al gusto dei sapori, /i lamponi del Signor Swann / la torta alle mandorle / la crema al cioccolato / l’impasto per la petite madeleine.
….E’ un pomeriggio di inverno. Il narratore è a casa di sua madre che gli offre una tazza di tè con un biscotto. All’assaggiarlo, egli si sente attraversato da sensazioni che non sa comprendere. Facendo il vuoto attorno a sè, riconosce un sapore familiare alla sua infanzia: quello delle “madaleines” che la vecchia zia Léonie gli dava a Combray: l’infanzia ritorna…. Il mondo perduto ritorna….Seguono le passeggiate compiute da piccolo nei dintorni di Combray…. Stretta intimità con la madre, la cui figura si riflette ed è fissata anche nel ritratto della nonna.
LIRICA di R. MOSI: “ I CAMPANILI DI MARTINVILLE”: da Iliers a Cabourg (“ Dalla parte di Swann)
Ah, la Francia dei campanili, / delle cattedrali alte / su ondeggianti pianure./
“ Cèleste , la mia opera / è come una cattedrale”.
Lo stesso M.Proust, come si evince dall’inciso citato, paragona la struttura del suo romanzo ad una cattedrale gotica, con le sue zone d’ombra, il moltiplicarsi dei corpi accessori e laterali.
Si compie la sua vocazione letteraria : l’obiettivo era creare il libro assoluto, fare delle esperienze della propria vita i materiali di un’opera d’arte. In quel periodo storico giocano un ruolo decisivo le ascendenze del clima dell’epoca insite nelle correnti letterarie del Simbolismo e del Decadentismo, mentre in filosofia si affermava “l’Intuizionismo” di Henri Bergson.
Salvare il passato, riattingendo ad esso mediante il ricordo multisensoriale - non solo vista ed udito di solito prioritari nel narrare, ma anche gusto, olfatto e tatto - attraverso” Epifanie” che riguardano oggetti, sapori, profumi e dati fenomenici prosaici capaci di evocare la riesumazione di vissuti riaffioranti, mediante l’atto rivelatore della scrittura, da cui lo stesso Roberto Mosi è animato nell’attivare la genialità di Proust, attualizzarla, ricostruendo la sua personalità ed il suo ambiente storico e mondano attraverso il verseggiare lirico studiato in una sorta di transfer psicologico.
ENCICLOPEDIA GEV: “Proust distilla il succo vitale della grande esperienza del Decadentismo europeo e, oltre a dare misura classica a questa “commedia umana” e ad aprire la via al romanzo d’analisi del Novecento, testimonia in modo emblematico un atteggiamento morale e di una crisi che lo collocano a lato degli altri grandi creatori della cultura novecentesca: Mann, Joyce, Musil”.
Superando lo statuto dell’io-entità storica, Proust scavalca la tradizione narrativa memorialista del Realismo e Naturalismo ottocentesco per approdare ad una narrazione tra autobiografia e saggismo in una posizione d’avanguardia per la sua mobilità strutturale tra esperienza individuale e verità universali sulla base della percezione del sè: il periodare proustiano è ipotattico, sinuoso, con incisi e parentetiche quale ricerca, divenire, scoperta del sé. La portata narrativa dal un punto di vista linguistico è paragonabile alla rivoluzione della percezione ottica dei colori introdotta dagli Impressionisti in Pittura e da Claude Debussy nella musica. I dati del vivere nella prospettiva antirealista, sono interiorizzati tra mitizzazione e demistificazione, diventando emblemi di verità spirituali: l’intelligenza per Proust va soggetta al cuore per cui si parla di un Polittico romanzato dominato dalle “intermittenze del cuore”. Gli oggetti, le sensazioni, le persone coinvolte, gli intrecci relazionali, il dipanarsi degli affetti vissuti, gli ambienti riesumati, i viaggi immaginati, sono presentati nell’aura del loro investimento emotivo.
I temi della formazione adolescente di Proust: arte, vita mondana, amore sono strettamente intrecciati al compiersi del suo destino vocazionale legato alla sensibilità creativa. Nella sezione “Prigioniera” (fuga di Albertine a Parigi), c’è l’amore negato… il disinganno d’amore, ma l’ancoraggio all’Arte sembra schiudere quella pacificazione che l’amore nega (Albertine muore).
Roberto Mosi rende omaggio a M. Proust, inscenando con i suoi versi il contesto sociale dell’epoca in cui visse grazie al variegato affresco che lo stesso scrittore delinea della Parigi del tempo tra borghesia in ascesa e nobiltà o aristocrazia nei salotti culturali e mondani a cavallo fra i due secoli.
Il pittore Giovanni Boldini, ferrarese d’origine, con formazione a Firenze ai tempi dei Macchiaioli presso il Caffè Michelangelo, si radica a Parigi, realizzando nelle sue tele, mediante una prassi pittorica elegante e vibrante, il fervore culturale che precede i conflitti mondiali: le folle in movimento delle grandi città, il teatro, i cavalli ed i passanti, ritratti di Signore della società mondana, siglando uno stile apprezzato da E.Degas e J.Sargent .
M.Proust, che apparteneva ad una famiglia dell’agiata borghesia parigina - padre medico (Ispettore dell’Igiene pubblica) e la madre, ebrea alsaziana (tra i 32 ed 36 anni perde entrambi) - era un giovane elegante e raffinato, frequentava i salotti più esclusivi del Faubourg St.Germains, collaborava con Riviste del tempo sul piano critico, dimostrando fin da subito talento e qualità nello scrivere, preparando il suo futuro da sensibile ed acuto narratore.
Roberto Mosi nelle poesie dedicate all’universo introspettivo del narratore francese dimostra di saper attivare , grazie ad una immedesimazione analitica e contemplativa, quel processo di riscatto del tempo perduto, tra memoria, emozionalità, incanto e disincanto nelle circostanze dell’esistenza: amore provato e negato, ricontestualizzazione culturale e sociale del tempo, convivialità nell’arte culinaria, affinità e diversità, mondanità ed eros.
LIRICA di R.MOSI : “ LA ROSA D’ARGENTO”, Cena all’Hotel Ritz Place .
Tra gli ammiratori di Proust: il sogno proustiano di Luchino Visconti che scrisse una sceneggiatura negli anni ’70; un ‘impresa mitizzata e rimpianta dalle “pellicole mani nate”.
IL TEMPO E LA DURATA INTERIORE: la prospettiva interiore visione spirituale e intuitiva dell’essere.
Nella sezione “All’ombra delle fanciulle in fiore” l’amore per Albertine nella località a Balbec, sul mare normanno, lo introduce nell’amicizia con il pittore Elstir di cui condivide l’arte impostata sulla metafora come si evince nella LIRICA DI R.Mosi: “ Il SILENZIO DIPINTO DELLE PAGINE”; nel rientro a Parigi, nella tormentata convivenza con Albertine, diviene amico del musicista Vinteuil.
Nell’ultima sezione del ciclo monumentale:“ Il tempo ritrovato” (1916), dopo un lungo soggiorno in clinica, il narratore torna in una Parigi esposta ai bombardamenti tedeschi .. è la fine di un’epoca, ma l’obiettivo é raggiunto: riaccordarsi con il passato, recuperarlo nelle sua verità armoniche e disarmoniche, riviverlo nella sua integralità olistica e riconsegnarlo alla memoria della propria identità sentimentale, razionale ed esperienziale, vincendo la morte.
LIRICA di R.MOSI : “ LA VEDUTA DI DELFT”, dipinto di JAN VERMEER , adorato da M.Proust nella sezione: “ La prigioniera” e l’amicizia con lo scrittore BERGOTTE.
Artista insigne del Seicento olandese. Visione estatica del reale che privilegia il visibile fenomenico interiorizzato tra esterni vedutistici ed interni della quotidianità che sono realizzati nella quieta ed accostante verità percettiva e contemplativa, mobile gioco dei chiaroscuri, incantante armonia, magia del silenzio.
La mutevole luce degli alti / cieli ventosi d’Olanda / respira di metafisica fissità /unisce il tempo e lo spazio / incontra la striscia delle case / di Delft, contrappunto / alla vastità del cielo nuvoloso.
Assistiamo al RECUPERO SENTIMENTALE e vitale attraverso le categorie del tempo e della memoria nell’indirizzo estetizzante di fine secolo:
“…notre vie, la vraie vie, la vie enfin découverte et éclaircie, la seule réellement vecue…”
è quella che si ricrea nell’opera d’Arte.
Aprile 2017, SILVIA RANZI
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GLI AUTORI
Enrico Guerrini
Enrico Guerrini, nato a Firenze nel 1977, attratto da tutte le espressioni artistiche dal fumetto al graffito, espone regolarmente in mostre personali. Ha illustrato, in una serie di mostre a Empoli, alcune opere teatrali di Ferruccio Busoni; ha allestito mostre organizzate da Giancarlo Marini su importanti personalità del 900: sui cantautori, Fabrizio De André e Piero Ciampi, e il jazzista Luca Flores. Appassionato di musica classica, ha collaborato al progetto Dipingendo Bach con il violoncellista Luca Provenzano. Realizza insieme al poeta Roberto Mosi, performances in cui, all’impronta, illustra testi poetici e collabora anche con alcune associazioni teatrali fiorentine come scenografo. Ha illustrato le tre cantiche della Divina Commedia e i lavori sono stati esposti – una cantica ogni anno, dal 2016 – in mostre alla Casa di Dante. Nel maggio 2017 organizza una mostra antologica delle sue opere I miei primi quarant’anni; nel giugno dello stesso anno, realizza Il murale della scrittura nel cortile delle Muratine a Pontassieve. Dal 2019 espone le sue opere negli spazi allestiti dalla Toraia, nei mesi estivi, sul Lungarno del Tempio. Recente è la collaborazione con il dantista Massimo Seriacopi in una serie di opere dedicate al sommo poeta.
Roberto Mosi
Roberto Mosi vive a Firenze, è stato dirigente per la Cultura alla Regione Toscana. L’ultimo libro pubblicato: Ogni sera Dante ritorna a casa. Sette passeggiate con il poeta (Il Foglio 2021). Nell’anniversario delle celebrazioni dantesche, l’autore partendo dal tema del libro, ha realizzato video, riportati su YouTube, ed ha animato varie manifestazioni. Mosi si interessa di poesia, racconti e fotografia. Per la poesia ha pubblicato Promethéus. Il dono del fuoco (Ladolfi 2021), Sinfonia per San Salvi (Il Foglio 2020), Orfeo in Fonte Santa (Ladolfi 2019), Il profumo dell’iris (Gazebo 2018), Navicello Etrusco (Il Foglio 2018), Eratoterapia (Ladolfi 2017), Poesie 2009-2016 (Ladolfi 2016), Concerto (Gazebo 2014). Per la narrativa ha pubblicato Elisa Baciocchi e il fratello Napoleone (Il Foglio 2013), Esercizi di volo (Europa Edizioni 2016) e Non oltrepassare la linea gialla (Europa Edizioni 2014). L’autore ha realizzato mostre di fotografia presso caffè letterari e sale di esposizione. La ricerca è rivolta al rapporto fra l’immagine fotografica, la pittura e la poesia. Fra le mostre: Firenze, foto grafie, Passaggi, Firenze Riflessa, Mito Firenze, Nonluoghi. Mosi è fra i redattori di “Testimonianze”, rivista fondata da Ernesto Balducci, e “L’area di Broca”, diretta da Mariella Bettarini. Cura i Blog: www.robertomosi.it e www.poesia3002.blogspot.it.
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INDICE
Premessa. Incontri felici con Marcel Proust
1. Il sapore del ricordo
2. Narrare
3. Pittura, la creazione del mondo
4. Il biancospino
5. Incontrarsi all’Hotel Ritz
6. Il viaggio (sognato) a Firenze
7. Il profumo del tempo
8. Incontri
9. Amiche e amici
10. Nella stanza foderata di sughero
11. Narciso
Postfazione. Silvia Ranzi, omaggio a Marcel Proust
Gli autori
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